giovedì 25 dicembre 2014

La trattativa c'è stata

La trattativa c'è stata

Mi sono chiesto perchè mai il Ministro adl Lavoro Poletti ha presentato i decreti per la Job Act dichiarando che non ci sarebbe stata nessuna trattativa con i sindacati e che l'incontro sarebbe servito soltanto al governo per "comunicare" la sua decisione.
La dichiarazione del governo a me era apparsa come una inutile provocazione di cui non si sentiva certo il bisogno. Un paio di giorni dopo si è riunito il Consiglio dei Ministri con un ritardo di tre o quattro ore ed aveva varato i decreti rigettando le posizioni di Alfano che volevano ancora di più ma peggiorando in qualche modo il punto di compromesso che era stato raggiunto alla direzione del PD e che aveva tacitato le voci critiche e discordi della cosidetta sinistra.
In effetti la dichiarazione di Poletti serviva a coprire i sindacati a dare loro la possibilità di protestare contro un governo che non gli permette di mettere naso nella vicenda più importante e delicata della Job Act.
La trattativa c'è stata ed è avvenuta nelle segrete stanze del PD il cui superiore interesse politico e strategico è stato privilegiato rispetto la difesa dei diritti dei lavoratori. Una trattativa basata sul principio socialdemocratico della riduzione del danno. Il governo chiede cento il sindacato si oppone ed alla fine si accontenta di un danno dell'ottanta per cento. Il ritardo nella approvazione formale del Consiglio dei Ministri dei decreti è dovuto al fatto che c'è stato un braccio di ferro e questo non è stato fatto certamente con Alfano e Sacconi ma con la Camusso e Landini, braccio di ferro che comunque ha consegnato al governo una vittoria strategica su decreti delegati.
In sostanza da oggi in poi questo è quello che rimane dell'art.18. Non bisogna sperare in nessun ripristino del testo originario che in ogni caso Gino Giugni aveva mutilato limitandone la validità ai dipendenti delle aziende superiori a 15 unità. Se ancora questo o altro governo ci metterà mano sarà per peggiorarlo o eliminarlo del tutto.
Fatevi il bilancio complessivo dello svolgimento di questa fondamentale vicenda: la CGIL ha fatto una manifestazione di sabato nell'ottobre scorso ed uno sciopero generale il 12 dicembre dieci giorni dopo l'avvenuta approvazione della legge. Insomma non si è messa di traverso e dicendo no, non voglio ha accompagnato con accortezza il cammino della legge fino all'approvazione.
Una volta approvato soltanto una rivoluzione del quadro politico e sociale potrà rimetterlo in discussione. Questa rivoluzione non è dietro l'angolo. Dietro l'angolo c'è Cipputi umiliato e con la testa bassa che guarda sconsolato il figlio maggiore che sarà avviato al lavoro con il contratto a tutele crescenti, cioè da precario.






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