La trattativa c'è stata
Mi sono chiesto perchè mai il Ministro adl Lavoro Poletti ha presentato i
decreti per la Job Act dichiarando che non ci sarebbe stata nessuna
trattativa con i sindacati e che l'incontro sarebbe servito soltanto al
governo per "comunicare" la sua decisione.
La dichiarazione del governo a me era apparsa come una inutile
provocazione di cui non si sentiva certo il bisogno. Un paio di giorni
dopo si è riunito il Consiglio dei Ministri con un ritardo di tre o
quattro ore ed aveva varato i decreti rigettando le posizioni di Alfano
che volevano ancora di più ma peggiorando in qualche modo il punto di
compromesso che era stato raggiunto alla direzione del PD e che aveva
tacitato le voci critiche e discordi della cosidetta sinistra.
In effetti la dichiarazione di Poletti serviva a coprire i sindacati a
dare loro la possibilità di protestare contro un governo che non gli
permette di mettere naso nella vicenda più importante e delicata della
Job Act.
La trattativa c'è stata ed è avvenuta nelle segrete stanze del PD il
cui superiore interesse politico e strategico è stato privilegiato
rispetto la difesa dei diritti dei lavoratori. Una trattativa basata sul
principio socialdemocratico della riduzione del danno. Il governo
chiede cento il sindacato si oppone ed alla fine si accontenta di un
danno dell'ottanta per cento. Il ritardo nella approvazione formale del
Consiglio dei Ministri dei decreti è dovuto al fatto che c'è stato un
braccio di ferro e questo non è stato fatto certamente con Alfano e
Sacconi ma con la Camusso e Landini, braccio di ferro che comunque ha
consegnato al governo una vittoria strategica su decreti delegati.
In sostanza da oggi in poi questo è quello che rimane dell'art.18.
Non bisogna sperare in nessun ripristino del testo originario che in
ogni caso Gino Giugni aveva mutilato limitandone la validità ai
dipendenti delle aziende superiori a 15 unità. Se ancora questo o altro
governo ci metterà mano sarà per peggiorarlo o eliminarlo del tutto.
Fatevi il bilancio complessivo dello svolgimento di questa
fondamentale vicenda: la CGIL ha fatto una manifestazione di sabato
nell'ottobre scorso ed uno sciopero generale il 12 dicembre dieci giorni
dopo l'avvenuta approvazione della legge. Insomma non si è messa di
traverso e dicendo no, non voglio ha accompagnato con accortezza il
cammino della legge fino all'approvazione.
Una volta approvato soltanto una rivoluzione del quadro politico e
sociale potrà rimetterlo in discussione. Questa rivoluzione non è dietro
l'angolo. Dietro l'angolo c'è Cipputi umiliato e con la testa bassa che
guarda sconsolato il figlio maggiore che sarà avviato al lavoro con il
contratto a tutele crescenti, cioè da precario. |
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